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NUOVI ASSETTI LEGISLATIVI E PROSPETTIVE DI TUTELA DEL “BENE ACQUA”

La Legge Regionale Lombardia 29 gennaio 2009, n. 1 nel dettare “Modifiche alle disposizioni generali del servizio idrico integrato di cui alla legge regionale n. 12 dicembre 2003, n. 26 «Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche», pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 29 del 25-7-2009, ha introdotto, per quanto riguarda l’assetto fondamentale della vigente normativa modifiche limitate.
L’art. 2 della legge regionale n. 26/2003, che regola la materia è stato modificato limitatamente alla sostituzione del riferimento alle società di capitali, con il riferimento alle “società patrimoniali di capitali” a cui è conferito il compito di perseguire “politiche di responsabilità sociale”.
Rimane inalterato il principio posto dall’art. 2 della L.R. n. 26/2003 in base al quale “Le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali destinati all’esercizio dei servizi costituiscono dotazione di interesse pubblico.
Gli enti locali non possono cederne la proprietà; possono, tuttavia, conferire, anche in forma associata, esclusivamente a società patrimoniali di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico incedibile”.
Invero, l’orientamento politico della Giunta Regionale è apparso sin qui prudente, equilibrato e conforme alla tutela degli interessi collettivi, a fronte delle recenti modifiche introdotte nel settembre 2009 all’art. 23 bis della Legge Statale n. 133/2008 ove si prevede:
- l’affidamento della gestione dei servizi pubblici a rilevanza economica a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite scelte mediante procedure competitive ad evidenza pubblica o, in alternativa a società a partecipazione mista pubblica e privata con capitale privato non inferiore al 40%, oltre, e questa è la parte che potrebbe essere ritenuta soggetta a censure di illegittimità costituzionale, perchè in contrasto con i diritti inviolabili dell’Uomo e con i principi fondamentali dell’ordinamento (Art. 2 Cost.);
- “la cessazione degli affidamenti “in house” cioè a società (Spa) a totale capitale pubblico, controllate dai Comuni (alla data del 22 agosto 2008) e ciò a far data dal 31.12.2011 ovvero la cessione del 40% del capitale azionario, mentre entro l’anno 2012 la partecipazione a capitale maggioritario degli enti locali nelle società quotate in borsa dovrebbe diminuire sino al 30%.
Appare evidente che la preoccupazione e l’obiettivo che deve assistere l’azione di coloro che ritengono l’acqua un bene comune inalienabile, per quanto riguarda, la nostra Regione, è di far sì che il “bene acqua” sia oggetto di una rigorosa tutela affidata alla gestione pubblica.
Gli acquedotti e le loro pertinenze costituiscono il c.d. demanio accidentale quando siano di proprietà degli enti pubblici territoriali e la loro tutela in quanto aperta al concorso attivo dei privati non deve deviare verso forme, che potrebbero anche rivelarsi incontrollabili di “mercatismo”, senza dubbio incompatibili con la natura e la funzione, di servizio essenziale per la collettività, insita nell’attività di servizio, gestione e distribuzione del bene acqua.
La caratteristica di inalienabilità, che è estesa alle sue pertinenze, cioè alle reti, impianti e altre alla dotazioni di servizio è insita nel capitale pubblico costitutivo degli enti preposti, che la legge regionale qualifica appunto come incedibile.
Apprendiamo che la Giunta Regionale per la Puglia ha approvato il 4 febbraio 2010 un disegno di legge che definisce l’acqua come “bene comune e di proprietà collettiva” la cui disponibilità ed accesso “costituiscono diritti inviolabili ed inalienabili della persona umana”.
Questi diritti trovano, appunto, protezione nell’art. 2 della Costituzione della Repubblica Italiana.
La normativa vigente a livello nazionale andrà dunque armonizzata nel rispetto delle esigenze degli enti pubblici territoriali, nel rispetto delle norme volte a tutelare la partecipazione al capitale pubblico incedibile degli enti di gestione, in modo che l‘affidamento in house dei servizi pubblici locali di rilevanza economica possa avvenire nel contestuale rispetto e nel contesto delle normative di riferimento e in conformità ai pareri affidati all’Autorità della concorrenza e del mercato, senza che il mercato assurga a “feticcio” a cui subordinare i primari interessi pubblici.
Avvocato Ezio Perego

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